Circuito 1: Schio – Santorso – Torrebelvicino

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 I luoghi sono descritti secondo l’ordine di percorso

 

Lanificio Rossi | Schio

fabbricaalta

Francesco Rossi fondò l’ azienda ai primi dell’800. Sugli edifici già esistenti, a partire dal 1849, il figlio Alessandro eresse poi la Fabbrica Alta. Affidò la costruzione all’arch. Antonio Caregaro Negrin che realizzò anche il vicino Giardino Jacquard con annesso Teatro, entrambi voluti da A. Rossi per lo svago dei suoi operai, dimostrando un’attenzione per le sue maestranze assolutamente all’avanguardia per l’epoca, espressa anche nella costruzione del Quartiere Operaio e dell’Asilo per i figli dei dipendenti.

Prima fabbrica italiana a struttura verticale, fu presentata all’Esposizione internazionale di Londra come esempio di avanguardia. La Fabbrica Alta conserva tuttora il suo eccezionale valore monumentale.

 

Lanificio Conte | Schio

conte

Eretta nel 1757, è la più antica fabbrica scledense e presenta un’impostazione “paleoindustriale”, cioè con aree di lavoro e di abitazione condivise. Sorge accanto alla Roggia Maestra, che scorre anche al suo interno e che veniva sfruttata per fornire energia elettrica.

A partire dal 1863 il lanificio assume via via la definitiva conformazione di stabilimento industriale moderno: costruzione multipiano in cotto e pietra locale con ossatura in ghisa. Si ingrandisce ulteriormente nel 1906 con l’annessione di una struttura a sviluppo orizzontale e capannoni con copertura a shed.

 

Il Monumento al Tessitore | p.zza Rossi | Schio

l'Omo

Conosciuto come “L’Omo”, è un’opera del 1879 scolpita da Giulio Monteverde per volontà di Alessandro Rossi. Inizialmente era collocato all’ingresso della fabbrica Alta ed è il primo esempio di monumento dedicato non ad un personaggio noto, bensì all’operaio comune, a cui veniva in questo modo ufficialmente riconosciuta l’importanza del proprio ruolo sociale ed allo stesso tempo indicato il modello da seguire. Alla base del piedistallo infatti si trovano 8 motti dedicati ai valori di lavoro e famiglia.

 

Ex Carceri (Biblioteca Civica) | Schio

ex carceri

 

Casa dei Canarini | via Mazzini | Schio

Casa dei Canarini

Il palazzo venne costruito nel XV secolo come proprietà della nobile famiglia Bottari, che ne conservò la proprietà fino tutto il XVIII secolo. Gli antichi affreschi (probabilmente eseguiti nel primo ‘500) che raffigurano due soldati vestiti di giallo, hanno con ogni probabilità conferito al palazzo il nome con il quale ancora oggi viene identificato, ed avvalorarono l’ipotesi che si trattasse appunto di una antica caserma. Sembra più probabile invece che gli affreschi fossero stati commissionati dai proprietari dell’edificio che vantavano una lunga tradizione come uomini d’armi, come semplice apparato decorativo per la loro dimora. Dagli inizi dell’800 il palazzo subì vari cambi di proprietà. Nel 1879m il pittore scledense Valentino Pupin commissionò dei radicali lavori di restauro e ristrutturazione dell’edificio, che venne tra l’altro elevato di un piano. Risalgono a questo periodo le raffinate decorazioni pittoriche dipinte in facciata, probabilmente ad opera dello stesso Pupin. L’edificio andò successivamente incontro ad incuria, con generale compromissione degli affreschi in facciata, compresi i due soldati cinquecenteschi. Nel 1979 un intervento di restauro poco rispettoso provocò la totale rimozione dell’intonaco originale, con conseguente distruzione delle scene affrescate. A partire dal 2005 i vari proprietari dell’edificio hanno dato il via ad una operazione di indagine storica delle antiche decorazioni, culminato con il rifacimento delle stesse secondo il modello antico, avvenuto nel 2012; il palazzo quindi ha assunto nuovamente l’aspetto originale. [Wikipedia]

 

Podere Modello | Santorso

fabbrica-del-cioccolato-Santorso

Nelle intenzioni del Senatore il podere doveva rappresentare una via per integrare la nuova industria nascente e la tradizionale economia agricola.
Il Rossi si affida quindi a Caregaro Negrin, il suo architetto di fiducia, per la progettazione e l’organizzazione del podere affinchè crei un’azienda agricola come luogo di esercitazioni e di esperienze pratiche per gli alunni della scuola di pomologia e di orticoltura di Schio.
Il Podere occupa una superficie di 39,582 ettari ed è diviso in due parti dalla strada statale che collega Schio e Piovene.
Esso è dotato di uno stabile principale e di cinque case coloniche per il capo e i coltivatori, case che in base al colore dell’intonaco si chiamavano:
– Casa Gialla o Casa dei Galli
– Casa Verde o Crosarolle
– Casa Rossa
– Casa Bianca
– Casa Celeste

 

Villa e parco Rossi | Santorso

villarossi

Inizialmente Villa Bonifacio-Velo. Fu acquistata nel 1865 da A. Rossi con l’annessa chiesetta del Santo Spirito e ristrutturata nell’arco di 20 anni dall’arch. A. Caregaro Negrin .

Caratterizzata da soluzioni architettoniche originali ed eclettiche, è circondata da un importante parco botanico di notevole rilevanza e bellezza che rappresenta oggi la parte visitabile della Villa Rossi: è segnato dall’andamento sinuoso dei percorsi, da numerose essenze esotiche tipiche del collezionismo botanico del tempo, da un laghetto, da cascatelle e fontane, da capricci, ninfei, grotta dei camosci, voliera e da un tempietto “a rovina” che all’interno ospita un acquario. Le serre e uno chalet destinato al giardiniere segnano il limite sud-est del parco. La strada principale separa invece il breve giardino antistante la villa con il retrostante bosco a monte, detto “Parco delle Rive” per la presenza di risorgive. I due giardini sono collegati da un sottopasso pedonale che porta direttamente dal parco principale all’ingresso della villa.
A sud del complesso si trovava il cosiddetto “Podere Modello” con annessa Scuola di Pomologia e di Orticultura, voluto da A. Rossi per mantenere vivo il valore dell’agricoltura anche in piena espansione industriale.

 

Fabbrica Saccardo | Schio

fabbricasaccardo

Nata nel 1892 per la produzione di navette e tubetti per le industrie tessili, divenne una delle maggiori ditte europee del settore. Nel suo insieme il complesso industriale interessa un’area coperta di circa 10.000 m², strutturata in vari gruppi costituiti da campate in serie dotate di coperture a shed, costruite su vari livelli, adattandosi così alla naturale pendenza del terreno. Il corpo maggiore, ubicato più a monte, era destinato alla produzione di tubetti e come locali magazzino mentre quello più a valle, di minori dimensioni, era dedicato alla produzione di navette in legno.Dalle coperture si elevano due ciminiere in laterizio di diversa altezza. Nel corpo principale della fabbrica sono ancora conservate le turbine originali (prodotte dalla Riva di Milano e dalla Pellizzari di Arzignano) ed il quadro comandi d’epoca in marmo di Carrara dell’antica centrale elettrica aziendale, restaurata a partire dal 1993 e resa nuovamente operativa mediante l’installazione di una moderna turbina Pelton. (wikipedia)

Durante la seconda guerra mondiale l’opificio convertì la produzione in giocattoli  di legno e addirittura, per un periodo, anche scafi.

Attualmente è l’unico sito di archeologia industriale ove siano ancora presenti attività produttive, oltre ad uno spazio eventi. Al suo interno sono ancora ben conservati e visibili i macchinari d’epoca.

 

Ferrata | Schio – Torrebelvicino

E’ il nome con la quale gli abitanti del posto chiamano questa strada, caratterizzata dall’andamento rettilineo e da una pendenza constante; dal 1885 al 1926 qui passava la ferrovia che, partendo dalla stazione di Schio, risaliva la Valleogra parallelamente al torrente omonimo per giungere a Torrebelvicino. A Pieve la linea ferroviaria lambiva il centro abitato: un breve tronco collegava la linea principale con lo stabilimento Rossi, passando sulla strada pubblica e sul ponte che attraversa il Leogra. La ferrovia era a scartamento ridotto, 0.950 mt, e misurava 3.770 km. Fu costruita per iniziativa di Alessandro Rossi, i cui stabilimenti di Pieve e di Torre richiedevano moderni collegamenti con la pianura.

 

Lanificio Rossi | Torrebelvicino

Lanificio Rossi Torrebelvicino

Sorto nel 1873 per la lavorazione dei tessuti cardati misti lana, si compone di un imponente blocco a tre piani ed una serie di capannoni più bassi con la tipica copertura a “shed”. Dal 1885 al 1925 fu attivo anche un binario ferroviario che partiva dal suo interno e, correndo a fianco del torrente Leogra, collegava la fabbrica direttamente con Schio. Esternamente si conserva l’originario locale turbina della Centrale idroelettrica, mentre le prese d’acqua e la colonna di comando sono ben visibili fuori dallo stabilimento, al di là della strada.

 

Roggia Maestra | da Pievebelvicino a Schio

Le acque del Leogra, incanalate nella Roggia Maestra, hanno offerto forza motrice a decine di attività artigianali e poi alle industrie tessili della valle. Il tratto di Schio della Roggia Maestra sembra sia stato costruito dai conti Maltraversi nella prima metà del XII secolo; della parte iniziale, quella che interessa il territorio di Pieve, troviamo riferimenti in un documento del 1321.

 

Centrale Rillaro 

Entrata in funzione nel 1874, utilizza l’acqua della Roggia Maestra: all’inizio le due turbine idrauliche qui installate, mosse da un salto d’acqua di 5 mt, mettevano in movimento un a fune di acciaio lunga 660 mt che arrivava fino allo stabilimento di Pievebelvicino. Nel 1913 fu trasformata in centrale per la produzione di energia elettrica ed è tutt’ora in funzione.

 

Torre per fune teledinamica

Unico esistente dei 5 pilastri alti 9,5 mt, eretti ad un intervallo di 110 mt sulla cui sommità erano poste altrettante ruote del diametro di 4,05 mt; su queste ruote scorreva una grossa fune metallica che, messa in movimento dalla centrale Rillaro, arrivava fino al Lanificio Rossi di Pievebelvicino al quale forniva l’energia meccanica per i suoi telai. L’impianto, costruito nel 1874, fu smantellato nel 1912 in seguito all’avvento dell’energia elettrica.

 

Antica Pieve | Pievebelvicino

L’antica Pieve di S. Maria sorse su un tempietto romano dedicato alla dea Diana e divenne il punto di riferimento di tutti i cristiani della Val Leogra fin dal momento del primo annuncio del vangelo nelle nostre terre: qui risiedevano i sacerdoti, si trovava il fonte battesimale, erano celebrate le messe e sepolti i defunti. Per questo è la “chiesa matrice”, cioè madre delle altre chiese costruite nei villaggi circostanti dopo l’anno 1000. Nel presbiterio, ai lati dell’altar maggiore, si possono ammirare alcune tele dipinte da Tomaso Pasquotti nel 1908. Furono donate dal barone Alessandro Rossi, in quegli anni residente a Pievebelvicino, la cui fisionomia è riprodotta nel volto di S. Alessandro. Sullo stesso lato sono raffigurati i santi Teresa, Matilde e Giovanni, che nel nome ricordano rispettivamente la moglie, la figlia e il padre del Rossi.

 

Filanda del Lanificio Rossi | Pievebelvicino

Nucleo originario dello stabilimento Rossi di Pieve, la filanda di lana cardata fu installata nel 1871 nell’edificio che precedentemente ospitava una cartiera appartenente ai nobili Mocenigo. Nel 1872 fu aggiunto un nuovo fabbricato per la tessitura dei panni militari: è l’inizio di un rapido sviluppo. grazie al quale la manodopera impiegata a fine secolo XIX sarà di 800 operai circa. Nel 1912 all’interno della filanda viene costruita una centrale, anche questa mossa dall’acqua della Roggia Maestra, rimessa in funzione recentemente.

 

Lanificio Rossi | Pievebelvicino

Eretto tra il 1870 e il 1872, era destinato alla lavorazione dei panni pesanti.  Del vasto complesso, che ha subito successive manipolazioni, rimane il nucleo maggiore disposto trasversalmente alla strada e caratterizzato dalle tipiche finestre rettangolari a piattabanda ribassata, contornate dal cotto. Poco discosta sorge la Centralina idroelettrica, mentre al lato opposto incombono gli impianti industriali novecenteschi.

 

Filanda Bressan |Magrè

filanda

Era una delle 8 filande presenti a Schio ed è citata come tale già in epoca napoleonica. Il complesso è stato recuperato negli anni ‘80 ed ospita attualmente alloggi ed attività per anziani. Gli edifici, pur nella nuova veste architettonica, denotano la primitiva funzione sia nell’articolazione degli spazi, sia nei finestroni ad arco, sia nella presenza della svettante ciminiera tutt’ora ben conservata.

 

Lanificio Cazzola | Schio

cazzola

Fondato nel 1860 da Pietro Cazzola secondo il modello di fabbrica orizzontale. Attorno al cortile centrale si sviluppano i corpi più antichi, oltre i quali si intravedono quelli eretti dopo la 2a Guerra Mondiale. E’ ancora intatto l’aspetto esterno degli edifici, così come varie componenti dell’epoca: il sistema di chiusa con relativo locale turbina, la terrazza del settore finissaggio, alcune vasche in pietra per il lavaggio, la ciminiera in mattoni, la campanella che segnava i turni di lavoro, il piccolo giardino con il busto bronzeo di Luigi Cazzola. Durante la 1a guerra mondiale gli stabili ospitarono l’ospedale militare gestito dalla Croce Rossa Americana, dove operò anche Ernest Hemingway.

 

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